La crisi obbliga nuove idee e responsabilità


12 Dicembre 2011

Credo che sia importante riflettere su quanto stia succedendo. L’Italia fino a poco tempo fa sembrava forte e in molti, anche nella nostra regione, affermavano che la crisi non c’era. Era puramente un’invenzione giornalistica. In più era colpa dei giovani  perché il lavoro c’è e se il giovane è disoccupato è colpa sua perché ama solo la bella vita. Parole facili e sconsiderate in un contesto di pari opportunità generazionale. Adesso è arrivato il prof. Monti e l’Italia si sta svegliando e scoprendo solo ora che il Paese è in una profonda crisi di lavoro, di identità  e di fiducia. Oggi si scopre che il lavoro non c’è, che futuro non  c’è, che molte delle nostre imprese sono chiuse e molte persone e famiglie si trovano in cassa integrazione  senza futuro occupazionale e dignità nel vivere. Altri, i più, sono disoccupati e pensionati  sofferenti nel proprio spirito e nella propria dignità umana.

Andava tutto bene. Gli italiani popolo di benestanti fino all’insediamento di Monti. Oggi si scopre che dietro al cartongesso delle parole di facciata la realtà e profondamente drammatica. L’Italia si è impoverita, le famiglie si sono indebitate nell’indifferenza dell’azione dell’organizzazione sociale e le imprese superstiti sono state abbandonate a un destino di morte dovuto alla aggressività commerciale degli altri paesi.

Non occorre andare nel Meridione per capire la gravità della situazione perché basta andare a Manzano, a Martignacco,a Trieste e a Monfalcone per capire il dramma industriale e sociale della nostra regione. Dramma dovuta alla negligenza e alla impreparazione di coloro che da anni hanno  la possibilità di applicare nuovi schemi e modelli di sviluppo per il nostro futuro. Oggi scopriamo che nulla è stato fatto per lo sviluppo e l’unico merito è quello della riduzione del debito della nostra regione. Per rendere concorrenziali le nostre imprese non basta solamente la riduzione dei costi e delle imposte fiscali. La Germania da l’esempio avendo spinto le proprie aziende a una maggior capacità concorrenziale basata sulla qualità e contenuto tecnologico dei prodotti pur lasciando un carico fiscale molto elevato. Purtroppo anche se lodevole e meritevole come azione di governo, questo non permetterà nel lungo periodo di rilanciare la nostra economia e generare nuovo benessere. Infatti, non bisogna essere economisti per leggere la storia e valutare ciò che sono state le azioni per la ripresa occupazionale: in momenti di profonda crisi occupazionale i governi lungimiranti hanno sviluppato nuovi modelli di sviluppo investendo nel costruire nuove imprese e opere per incentivare le persone di capacità nell’incrementare l’occupazione. Non capisco come mai nella nostra regione non si applica il modello tedesco per l’esportazione. Infatti le camere di commercio tedesche non promuovono solamente le imprese tedesche nei mercati mondiali, ma hanno costruito una rete di vendita per vendere i prodotti delle piccole e medie imprese nel mondo. Perché Friulia non può svolgere la stessa missione? Se ciò accadesse si potrebbe occupare giovani come rappresentati di vendita e sarebbe una prima risposta concreta alla crisi. Le imprese locali avrebbero uno strumento per esportare e la regione avrebbe nuove finanze per investire nella riduzione del debito e nel rilancio economico e nell’equilibrio sociale. Il problema risieda nella mancanza di idee e capacità nel applicare un nuovo modello. Ci vorrebbe di nuovo la figura autorevole del carnico Fermo Solari, padre dell’occupazione sociale e fondatore della Solari di Udine. Padre della Nazione e Pioniere dell’occupazione. Costruttore di un modello imprenditoriale dove l’equilibrio tra operai, impiegati e dirigenti permise con equità di costruire e diffondere i prodotti della Solari nel mondo.

Diverse sono stati i progetti che dal 2005 ho presentato in Regione ai direttori delle attività produttive per ridisegnare il ruolo di Friulia per dare degli strumenti concreti per l’innovazione e la diffusione su scala globale dei prodotti delle nostre imprese, evidenziando la necessità di reagire immediatamente per essere pronti a ciò che sarebbe accaduto in breve.  Ho ricevuto maggior attenzione dal nostro Presidente della Repubblica e dal Presidente della Camera dove a Montecitorio ho potuto illustrare il mio progetto sulla difesa del made in Italy basato sulla mia esperienza in Germania. A volte Roma è più vicina rispetto ai palazzi locali e alla disponibilità dei nostri amministratori ad ascoltare le nuove idee basate su esperienze internazionali.

Forse la crisi d’identità e di orgoglio ha investito coloro che per il ruolo che ricoprono volontariamente, sono obbligati ha disegnare le azioni della ripresa. Infatti non si può attribuire questo stato di disgrazia ai soli mercati mondiale o alla speculazione, perché quando una famiglia si trova in profonda difficoltà, le leggi della natura insegnano, che il capo famiglia lotta, soffre ed è d’esempio per i propri figli provvedendo ai bisogni e alla speranze della prole.

Oggi abbiamo bisogno di vedere a livello collettivo dei padri di famiglia che tracciano i segni della ripesa e dell’occupazione. Padri di famiglia che come recita il nostro codice civile, applicano la diligenza del buon padre di famiglia nella gestione della comunità. Forse l’anno nuovo sarà l’anno della riscoperta dei valori comunitari e la società chiederà il rendiconto sulla gestione del bilancio sociale di questo Paese e di questa regione. Ci dobbiamo augurare solo che ciò avvenga con l’equità della parola e della disciplina che caratterizza il popolo italiano nei momenti di pace sociale.

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